Stoccolma, Guerra Fredda. La paura di un imminente attacco atomico è forte. Bisogna fare qualcosa, qualcosa di straordinario per salvare la città e i suoi sopravvissuti nel caso in cui il mondo finisse. Incastrato nelle viscere di una montagna nasce allora Elefanten, l'elefante, un gigantesco bunker dotato di tutti i comfort (o quasi), l'ultimo baluardo sicuro per gli abitanti di Stoccolma nel caso in cui qualcuno decidesse di premere il pulsante rosso.
Oggi, per la prima volta, Elefanten apre le sue porte per accogliere i visitatori in un luogo rimasto assurdamente cristallizzato negli anni 70. Fra biglietti andati a ruba e misteriose porte chiuse a chiave, l'articolo ci trasporta indietro nel tempo, dritto nelle viscere di quell'Elefante che è rimasto a riposare per più di trent'anni sotto la montagna, custode di segreti e cimeli di un mondo che non c'è più.
E.
Leggi l'articolo in svedese
CORSA AL BUNKER TOP SECRET NASCOSTO SOTTOTERRA,
di Anna Norström, alltomstockholm.se, 20 ottobre 2013
Ci sono stanze segrete nel sottosuolo di Stoccolma che
nessun cittadino conosce o in cui può entrare.
Ma questo inverno potrete teletrasportarvi mentalmente negli
anni settanta grazie a un progetto celato al mondo esterno, nelle viscere di una montagna.
Ora sono aperte le porte per la centrale di comando
top-secret “L’elefante” – ma i biglietti sono già andati esauriti subito dopo
che la cosa era stata accennata sui social network
“Portatevi via soldi, documenti di valore, assicurazione
sanitaria e tessere sindacali, poi la tessera annonaria, una mascherina
protettiva e il documento d’identità”
Questo era scritto nella brochure che si poteva trovare in
tutte le case svedesi nel 1961. Si intitolava “Se arrivasse la guerra” e ci
racconta di quando durante la Guerra Fredda il mondo era sospeso sul tasto
pausa, sotto la costante minaccia di un attacco nucleare.
In una parte della mostra “Bomba atomica su Stoccolma” si
aprono le porte su un sistema di difesa civile top secret che avrebbe salvato
la città –o ciò che sarebbe rimasto di essa- in caso di attacco atomico.
Esauriti prima dell’annuncio
Si è trasformata in una corsa quella per poter accedere all’edificio
costato miliardi, dal nome “L’elefante”,
che si trova all’interno di una montagna. I biglietti sono andati sold out addirittura
prima dell’annuncio della mostra.
-Stiamo valutando delle possibilità per poter ampliare le
esposizioni, vedremo dopo la prima mostra come va. Molto dipende dalla
sicurezza- dice Tina Candell, responsabile per la comunicazione del Museo Läns
di Stoccolma-
Come mai i biglietti sono terminati così rapidamente?
-L’abbiamo solo nominato sui social network come Instagram,
Twitter e Facebook. E’ questo che ha suscitato interesse nella gente-
Tre docce prima di entrare
“Tutto su Stoccolma” ha dato un’occhiata in esclusiva a “L’elefante”
, che non è mai stato presentato prima al pubblico.
Un lungo corridoio porta verso il basso e è interrotto
bruscamente da quella che è chiamata tasca di detonazione. Avrebbe tenuto
lontano le onde sismiche da “L’elefante”.
Dopo poco si trova l’ingresso. O non esattamente.
Tre diversi box doccia in fila –dove bisognava passare prima,
per rimuovere le sostanze radioattive-. Poi
il passo nella caverna, dove l’Elefante è situato su una sorta di stampella con
sospensioni, rivestita in acciaio.
Una volta dentro è un viaggio mentale verso il 1978, quando
l’impianto è stato completato. Sembra che il tempo si sia fermato. I posacenere
nei corridoi contengono ancora mozziconi, alcune tazze di caffè sporche sono in
cucina, e ci sono disegni fatti col gesso sulle bacheche.
Extra: stanza segreta (senza chiave)
Qui si sarebbero potute accogliere 200 persone nel caso in
cui la Guerra Fredda di fatto fosse scoppiata. Ci sono circa 120 posti letto e
un soggiorno completo di vano bar e spazio per il grammofono. Ma non è molto funzionale: la cucina è
costituita solo da un cucinino per riscaldare pasti precotti.
-Probabilmente si pensava di prendere un catering da una scuola
vicina e riscaldare i pasti qui. Come si
potesse pensare una cosa del genere non lo so proprio.- ride Lennart Rosander,
etnologo e storico della cultura.
I colori delle pareti sono tipici dell’epoca. Sono anche
coordinati in base al tipo di camera in cui si trovano. Nella grande sala di
comando c’è ancora un po’ di odore di fumo di sigaretta – anche se la
ventilazione è accesa da quando l’edificio è stato terminato. La moquette
scricchiola. Qui tutto sembra come una cartolina dagli anni 70. Ci sono cartine
sui muri, una grande centralina telefonica, una stanza esclusivamente per la
Radio Svedese e altri apparecchi tecnici certamente molto avanzati per l’epoca.
Una stanza è straordinariamente misteriosa. Non è stata
aperta per anni.
-Di fatto non sappiamo cosa ci sia dentro- racconta Martina
Berglund, curatore architettonico che ha documentato l’Elefante.
Sono lei e Lennart Rosander che guideranno le visite a “L’elefante”.
Interni prestati per un film
In una struttura esterna ci sono divani con posti per sei
persone ciascuna. C’è ancora la plastica sui materassi. Nessuno ha mai
trascorso la notte qui. Questo è un tempio per chi è interessato ai cimeli
vintage. E alcune parti degli interni sono stati prestati per la versione
cinematografica di “Cornelis”.
E allora, che accadrà a “L’elefante”? Uno straordinario e
costoso edificio, un documento di un tempo completamente diverso e un impianto
oggi inutile. Gira voce che ”L’elefante”possa essere venduto.
-Adesso speriamo che si possa conservare così com’è. “L’Elefante”
è unico nel suo genere, è un museo completo che non ha bisogno di essere
arricchito di nulla” dice Lennart Rosander.
Lasciamo “L’elefante” e ci incamminiamo fuori nel boschetto
di Sollentuna che fino a poco fa non era
altro che un boschetto.
Rimane un pensiero.
Cosa c’è in quella stanza chiusa senza chiave, davvero?
Nessun commento:
Posta un commento