domenica 20 ottobre 2013

Stoccolma: gigantesco bunker della Guerra Fredda aperto al pubblico



Stoccolma, Guerra Fredda. La paura di un imminente attacco atomico è forte. Bisogna fare qualcosa, qualcosa di straordinario per salvare la città e i suoi sopravvissuti nel caso in cui il mondo finisse. Incastrato nelle viscere di una montagna nasce allora Elefanten, l'elefante, un gigantesco bunker dotato di tutti i comfort (o quasi), l'ultimo baluardo sicuro per gli abitanti di Stoccolma nel caso in cui qualcuno decidesse di premere il  pulsante rosso.
Oggi, per la prima volta, Elefanten apre le sue porte per accogliere i visitatori in un luogo rimasto assurdamente cristallizzato negli anni 70. Fra biglietti andati a ruba e misteriose porte chiuse a chiave, l'articolo ci trasporta indietro nel tempo, dritto nelle viscere di quell'Elefante che è rimasto a riposare per più di trent'anni sotto la montagna, custode di segreti e cimeli di un mondo che non c'è più.

E.

Leggi l'articolo in svedese

CORSA AL BUNKER TOP SECRET NASCOSTO SOTTOTERRA,
di Anna Norström, alltomstockholm.se, 20 ottobre 2013


Ci sono stanze segrete nel sottosuolo di Stoccolma che nessun cittadino conosce o in cui può entrare.
Ma questo inverno potrete teletrasportarvi mentalmente negli anni settanta grazie a un progetto celato al mondo esterno, nelle viscere di  una montagna.
Ora sono aperte le porte per la centrale di comando top-secret “L’elefante” – ma i biglietti sono già andati esauriti subito dopo che la cosa era stata accennata sui social network

“Portatevi via soldi, documenti di valore, assicurazione sanitaria e tessere sindacali, poi la tessera annonaria, una mascherina protettiva e il documento d’identità”
Questo era scritto nella brochure che si poteva trovare in tutte le case svedesi nel 1961. Si intitolava “Se arrivasse la guerra” e ci racconta di quando durante la Guerra Fredda il mondo era sospeso sul tasto pausa, sotto la costante minaccia di un attacco nucleare.
In una parte della mostra “Bomba atomica su Stoccolma” si aprono le porte su un sistema di difesa civile top secret che avrebbe salvato la città –o ciò che sarebbe rimasto di essa- in caso di attacco atomico.

Esauriti prima dell’annuncio

Si è trasformata in una corsa quella per poter accedere all’edificio costato miliardi, dal nome  “L’elefante”, che si trova all’interno di una montagna. I biglietti sono andati sold out addirittura prima dell’annuncio della mostra.
-Stiamo valutando delle possibilità per poter ampliare le esposizioni, vedremo dopo la prima mostra come va. Molto dipende dalla sicurezza- dice Tina Candell, responsabile per la comunicazione del Museo Läns di Stoccolma-

Come mai i biglietti sono terminati così rapidamente?

-L’abbiamo solo nominato sui social network come Instagram, Twitter e Facebook. E’ questo che ha suscitato interesse nella gente-

Tre docce prima di entrare

“Tutto su Stoccolma” ha dato un’occhiata in esclusiva a “L’elefante” , che non è mai stato presentato prima al pubblico.
Un lungo corridoio porta verso il basso e è interrotto bruscamente da quella che è chiamata tasca di detonazione. Avrebbe tenuto lontano le onde sismiche da “L’elefante”.
Dopo poco si trova l’ingresso. O non esattamente.
Tre diversi box doccia in fila –dove bisognava passare prima,  per rimuovere le sostanze radioattive-. Poi il passo nella caverna, dove l’Elefante è situato su una sorta di stampella con sospensioni, rivestita in acciaio.
Una volta dentro è un viaggio mentale verso il 1978, quando l’impianto è stato completato. Sembra che il tempo si sia fermato. I posacenere nei corridoi contengono ancora mozziconi, alcune tazze di caffè sporche sono in cucina, e ci sono disegni fatti col gesso sulle bacheche.

Extra: stanza segreta (senza chiave)

Qui si sarebbero potute accogliere 200 persone nel caso in cui la Guerra Fredda di fatto fosse scoppiata. Ci sono circa 120 posti letto e un soggiorno completo di vano bar e spazio per il grammofono.  Ma non è molto funzionale: la cucina è costituita solo da un cucinino per riscaldare pasti precotti.
-Probabilmente si pensava di prendere un catering da una scuola vicina e riscaldare i pasti qui.  Come si potesse pensare una cosa del genere non lo so proprio.- ride Lennart Rosander, etnologo e storico della cultura.
I colori delle pareti sono tipici dell’epoca. Sono anche coordinati in base al tipo di camera in cui si trovano. Nella grande sala di comando c’è ancora un po’ di odore di fumo di sigaretta – anche se la ventilazione è accesa da quando l’edificio è stato terminato. La moquette scricchiola. Qui tutto sembra come una cartolina dagli anni 70. Ci sono cartine sui muri, una grande centralina telefonica, una stanza esclusivamente per la Radio Svedese e altri apparecchi tecnici certamente molto avanzati per l’epoca.
Una stanza è straordinariamente misteriosa. Non è stata aperta per anni.
-Di fatto non sappiamo cosa ci sia dentro- racconta Martina Berglund, curatore architettonico che ha documentato l’Elefante.
Sono lei e Lennart Rosander che guideranno le visite a “L’elefante”.

Interni prestati per un film

In una struttura esterna ci sono divani con posti per sei persone ciascuna. C’è ancora la plastica sui materassi. Nessuno ha mai trascorso la notte qui. Questo è un tempio per chi è interessato ai cimeli vintage. E alcune parti degli interni sono stati prestati per la versione cinematografica di “Cornelis”.
E allora, che accadrà a “L’elefante”? Uno straordinario e costoso edificio, un documento di un tempo completamente diverso e un impianto oggi inutile. Gira voce che ”L’elefante”possa essere venduto.
-Adesso speriamo che si possa conservare così com’è. “L’Elefante” è unico nel suo genere, è un museo completo che non ha bisogno di essere arricchito di nulla” dice Lennart Rosander.
Lasciamo “L’elefante” e ci incamminiamo fuori nel boschetto di Sollentuna  che fino a poco fa non era altro che un boschetto.
Rimane un pensiero.

Cosa c’è in quella stanza chiusa senza chiave, davvero?







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