sabato 5 ottobre 2013

Svezia: recensioni entusiaste per "Il corpo umano" di Paolo Giordano

LA REALTA’ TROPPO CONCRETA DELLA GUERRA,
di Paulina Helgesol, Svenska Dagbladet, 18 settembre 2013
La contrapposizione fra teoria e pratica è raramente tanto evidente come nella realtà della guerra.  Ciò che è chiaro, ben pensato, strutturato e moralmente giusto sulla carta, rimane raramente tale  per il singolo individuo, circondato da segnali ed eventi estremamente contraddittori. E chi ha i mezzi  per una bussola morale quando la posta in gioco è la propria sopravvivenza? In teoria è una cosa semplice prendere l’iniziativa: buttare giù la porta rapidamente, mettersi al riparo e lasciare che il prossimo venga a cercarvi. Ma quando ci si trova davanti a quella porta in un polveroso villaggio afghano, e non si sa cosa o chi ci aspetti dietro di essa, della semplicità della teoria non resta nulla.
Il ventenne Ietri fallisce nella sua piccola parte durante la prima operazione del terzo plotone della compagnia Charlie.
La testa si svuota, e quando alla fine butta giù la porta, rimane fermo, paralizzato, fino a che i colleghi non lo spingono da parte con i loro fucili.
Con questa e altre immagini lo scrittore italiano Paolo Giordano mostra l’impossibilità di vedere la guerra come comprensibile, come qualcosa di gestibile.
Dopo l’acclamato debutto del romanzo “La solitudine dei numeri primi” , tradotto in svedese nel 2009, nel suo secondo romanzo lo scrittore ha collocato la vicenda nella guerra in Afghanistan.
La vicenda si dipana intorno ad alcune persone di un plotone appena giunto, e al tenente medico militare Egitto, che fornisce le dosi quotidiane di pillole da prendere nelle giornate nel deserto.
Giordano si unisce, con il suo romanzo, agli scrittori che in passato hanno narrato la crudeltà casuale della guerra dalla prospettiva dei nuovi arrivati; è più che logico che il romanzo cominci con una citazione di Erich Maria Remarque.
I suoi uomini contemporanei ( e una donna) potrebbero del resto essere soldati marcianti verso le trincee fra il canto e i sogni di un eroismo patriottico. Cento anni dopo, il patriottismo è sostituito da visioni di basi piene di americane disponibili, e vaghe nozioni su come diventare un uomo, un vero soldato.
Ma né i sogni né le nozioni vaghe possono sopravvivere all’incontro con la realtà.
I vari personaggi del gruppo vengono presentati poco a poco,  e già nella breve introduzione viene chiarito che gli eventi che vivranno li cambieranno per sempre. Oltre a Ietri, il soldato romantico –e vergine- , il gruppo comprende anche il capro espiatorio, l’uccello del malaugurio, il leader disciplinato e attento e, naturalmente, il soldato macho Cederna, fissato con le armi. Sono tutti solo corpi umani, la parte più piccola e più fragile nella macchina della guerra. E quando la realtà della guerra passa dall’astratto alla vera concretezza, nulla si frappone fra il corpo umano e gli orrori.
Il romanzo è narrato in modo efficace, senza clamore ma con la massima resa. In un costante movimento oscillatorio fra piccolo e grande, fra dettaglio e quadro d’insieme,  gli individui vengono rappresentati  in quell’ organismo che è la vita militare :con le sue regole e le sue condizioni, non senza una propria morale. Qui il corpo umano non è più proprietà dell’uomo, e neanche ciò che rimane: “L’esercito non fa distinzione fra corpo e anima, provvede e dispone di entrambi”

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