Perché non dovreste studiare il finlandese
Ovvero: storia di una lingua che vuole sembrare estremamente
logica, e invece non ha senso.
Partiamo subito dal presupposto che il finlandese non
dovrebbe esistere. Come questa lingua non sia ancora morta alla fine del 2013
rimane per me un mistero. In teoria, infatti, le lingue tendono a semplificarsi
nel corso dei secoli. Il finlandese, invece, fa esattamente il contrario.
Il finlandese è una lingua non indeuropea. L’italiano, per
assurdo, ha più cose in comune con il sanscrito che con il finlandese, e questo
per un parlante italiano che intende imparare il finnico idioma può essere un
problema. Un enorme problema.
Partiamo dai casi. Il finlandese ne ha 15. Quindici-fottuti-casi
dai nomi improponibili, che vengono assegnati tramite ragionamenti assurdi.
Pensavate che il tedesco fosse difficile? Il finlandese è un milione di volte
peggio. D’accordo, dei quindici casi almeno tre sono praticamente in disuso e 6
sono casi di luogo (sei! Ce n’era
davvero bisogno?) , ma pensate a una frase normalissima, del tipo … “Ti amo”. Ah,
l’amore! Che esperienza meravigliosa e totalizzante! Giusto? Beh, per i
finlandesi…
Infatti, i finlandesi traducono il nostri “ti” (complemento
oggetto), con uno squallidissimo caso partitivo, perché, insomma, una persona
non si conosce mai del tutto e quindi meglio premurarsi di dire “Amo (una
parte) di te”, che almeno si evitano tante menate. ( Es: “Liisa, ti mollo” “Ma
avevi detto che mi avresti amata per l’eternità!” “Liisa, fai l’analisi logica.
Ho detto che avrei amato per l’eternità una parte di te. Nello specifico, le
tette”)
Lo stesso abuso del partitivo si trova in qualunque frase
vagamente poetica, segno dell’aridità interiore e dello scarso romanticismo del
popolo finnico. Vi ricordate il celebre “Katzo merta!” (Guarda il mare!),che
tanto vi ha fatto ridere negli anni 90 grazie alla brillante uscita di Anna
Falchi? Tralasciando battute da ora d’aria, Merta
è un esempio di sostantivo (meri)
al partitivo. Perché, ovviamente non puoi mica guardare tutto il mare, Liisa!
Sigh. A volte, l’impeccabile logica finlandese non può che mettere le mani nel
sangue.
Logica che però viene a mancare nel momento in cui, sfogliando
la grammatica, si scopre che, in finlandese, il futuro non esiste. Ciò che potrebbe
essere motivo di gaudio e giubilo per chi si appresta ad avvicinarsi alla
lingua, diventa disperazione quando, qualche pagina dopo, si scopre che il
finlandese ha 5 infiniti. Cinque.
Che cos’è? Cosa dovrebbe significare? Non riuscivo neanche a concepire una cosa del genere, quando sono arrivata a studiarla. E’ come dire “Pensa a un colore che non esiste ancora”. E’ infattibile. Ma aggiungo il carico da novanta: ciascun infinito si declina secondo determinati casi, a seconda di cosa si vuole dire. A questo punto notiamo che per dire una frase base, da vita di tutti i giorni, tipo “noi andiamo a mangiare” (menemme [noi andiamo] syömään [a mangiare, terzo infinito in illativo]), bisogna conoscere diecimila regole. Decisamente frustrante.
Che cos’è? Cosa dovrebbe significare? Non riuscivo neanche a concepire una cosa del genere, quando sono arrivata a studiarla. E’ come dire “Pensa a un colore che non esiste ancora”. E’ infattibile. Ma aggiungo il carico da novanta: ciascun infinito si declina secondo determinati casi, a seconda di cosa si vuole dire. A questo punto notiamo che per dire una frase base, da vita di tutti i giorni, tipo “noi andiamo a mangiare” (menemme [noi andiamo] syömään [a mangiare, terzo infinito in illativo]), bisogna conoscere diecimila regole. Decisamente frustrante.
C’è dell’altro, però. Per esempio, la voglia tutta
finlandese di declinare qualsiasi cosa (grazie alla quale sbagliare il caso in
una frase del tipo “Sono al cesso” può creare conseguenze spiacevoli), si
palesa nell’ inspiegabile regola per cui il NON è un verbo. E come tale va
coniugato. E voi sarete sempre più frustrati.
In più, il finlandese è una lingua agglutinante, perciò si
andranno a creare improbabili trenini di parole tutte attaccate in cui, fra pronomi,
radici e desinenze non capirete minimamente quale sia il punto della questione.
E di nuovo, in mezzo a questo perfezionismo che parrebbe
studiato a tavolino da un nazista con l’odio profondo per le preposizioni e gli
articoli, qualcosa di assolutamente illogico si presenta agli occhi dello
sventurato linguista.
NON ESISTE IL VERBO AVERE.
Perché? Perché in mezzo a tutte queste regole che possono
piacere solo ad uno psicotico autolesionista, c’è una lacuna
così grossa nella comunicazione interpersonale? Niente paura, c’è una soluzione
per tutto! Si usa un caso di luogo (nello specifico, stato in luogo su
superficie, l’ ADESSIVO), assieme al verbo essere. Logico, no? Sì. Perché l’adessivo
serve anche per altre decine di cose che con lo stato in luogo non hanno nulla a
che fare. In pratica questo succede con tutti gli altri cinque complementi di
luogo, che all’inizio vengono spacciati esclusivamente per tali.
Tagliando corto, cercare di imparare il finlandese contribuirà
solo a crearvi uno stato di ansia e svariate ulcere. E comunque, non lo
imparerete mai del tutto. Lo imparerete, sempre e comunque, solo in parte.
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